Due parole sulla poesia... e sulla Szymborska

POESIA INTERNAZIONALE

Mauro Tucciarelli

12/19/20249 min leggere

Wisława Szymborska Foto: Kino Koszyk
Wisława Szymborska Foto: Kino Koszyk

Una delle domande che mi viene posta più frequentemente durante i miei corsi di scrittura riguarda il concetto di "vera poesia". È più autentica la poesia classica, come ad esempio quella dantesca, basata su schemi metrici precisi come l’endecasillabo, oppure la poesia moderna, libera da queste strutture?

La risposta è che entrambe rappresentano pienamente la poesia, pur appartenendo a epoche e contesti culturali diversi. Ad esempio nel Dolce Stil Novo, i poeti come Guido Cavalcanti, Lapo Gianni o Dante, erano figure più simili alle rockstar odierne. I loro componimenti, rigorosamente strutturati, venivano spesso accompagnati dalla musica e declamati dai cantastorie. Questi schemi metrici rigidi non erano una limitazione, ma una necessità: consentivano che i versi fossero musicali e facilmente memorizzabili. Non a caso, molti appassionati fiorentini attendevano con impazienza "l’uscita" dei nuovi poemi per poterli ascoltare nelle piazze della città. Per adattarsi alla metrica, i poeti non esitavano a inventare o modificare le parole esistenti. Dante stesso, nella Divina Commedia, crea termini come ad esempio mesto, molesto, insusare o inurbare per rispettare la musicalità dell’endecasillabo. Una dimostrazione eloquente di questa relazione tra poesia e musica la troviamo nel canto II del Purgatorio. Qui Dante incontra l’anima dell’amico musico e cantore toscano Casella che, alla vista del sommo poeta, gli intona i versi di "Amor che nella mente mi ragiona", un componimento tratto dal Convivio. La dolcezza della musica rapisce le anime presenti, ma l’armonia è bruscamente interrotta dall’intervento di Catone, il custode del Purgatorio, che inveisce aspramente su di esse rimproverandole di negligenza e lentezza nella via della redenzione. Questa connessione tra parola, ritmo e musica ci ricorda come la poesia fosse un’arte viva, sonora e profondamente popolare, un ponte tra il linguaggio scritto e quello orale, capace di parlare al cuore e alla mente del pubblico. Tuttavia la poesia è un’arte camaleontica: cambia, si adatta e riflette l’epoca in cui nasce. Se la poesia antica doveva rispondere all'esigenza di essere recitata o cantata, la poesia moderna è invece un’arte che esiste sulla pagina e nella mente del lettore. La poesia moderna ha perso i rigidi schemi metrici e le rime tradizionali che caratterizzavano la poetica del passato, ma non ha rinunciato a una struttura ricca di tecnica e significati. Wisława Szymborska, Premio Nobel per la Letteratura, è un esempio fulgido di una delle massime esponenti di questa modernità. La sua opera rifugge schemi rigidi come rime obbligatorie e metriche fisse, preferendo una libertà formale che permette di esplorare temi universali con profondità e leggerezza. I suoi versi liberi non sono però privi di tecnica: anzi, ogni parola è scelta con precisione chirurgica, ogni pausa e ritmo sono studiati per evocare riflessioni e immagini potenti. Di seguito analizzeremo la versione in polacco di una sua poesia dal titolo "Wszelki wypadek" (“Ogni caso” in italiano) a testimonianza del fatto che, malgrado l’assenza di strutture metriche, il componimento è davvero ricco di elaborati meccanismi. La poesia è un canto sulla fragilità dell’esistenza e sull’apparente casualità degli eventi. Pur usando versi liberi, la Szymborska costruisce un ritmo incalzante attraverso una serie di ripetizioni e figure retoriche. Le figure retoriche sono strumenti linguistici che arricchiscono il testo, enfatizzando concetti, evocando emozioni o creando effetti sonori e ritmici particolari. Vediamo meglio questo aspetto per capire cosa sono e nello specifico quali di esse vengono utilizzate. Le figure retoriche si dividono in tre categorie principali:

Figure di suono: si concentrano sulla ripetizione, sul ritmo o sull'effetto acustico delle parole. In questo componimento si trovano sia l’allitterazione, ovvero la ripetizione di suoni simili in parole diverse, sia l’assonanza, che si concentra esclusivamente sulla ripetizione delle vocali, creando effetti sonori che arricchiscono il ritmo e l’armonia del testo.

Figure di significato: giocano sul senso delle parole, come le metafore (un parallelismo di elementi), l'antitesi (la contrapposizione di elementi), la litote (l’espressione di un concetto attraverso la sua negazione), la sinestesia (che indica una "contaminazione" dei sensi nella percezione) e l’aprosdoketon (una conclusione a sorpresa che rende il finale inatteso).

Figure di ordine: riguardano la struttura del testo, come l'anafora (ripetizione di parole all'inizio dei versi), l'epanalessi (ripetizione delle stesse parole o di abbondanti parti di esse nello stesso verso), l’enumerazione (elenchi di oggetti o elementi) e l'enjambement (che si usa per spezzare un pensiero su due versi per creare un senso di attesa).

Queste tecniche vengono usate in poesia per aggiungere ritmo, intensità emotiva o riflessione e in questa analisi ne vedremo il sapiente uso che ne fa la Szymborska.

Wszelki wypadek (Ogni caso)

Prima strofa:

się mogło.

Zdarzyć się musiało.

Zdarzyło się wcześniej. Później.

Bliżej. Dalej.

Zdarzyć Zdarzyło się nie tobie.

Poteva accadere.

Doveva accadere.

È accaduto prima. Dopo.

Più vicino. Più lontano.

È accaduto non a te.

All’interno di questa strofa sono presenti sono presenti numerose figure retoriche, come ad esempio le allitterazioni nelle parole che contengono la Z sonora e le assonanze con la E acuta. La Z sonora è una consonante affricata alveolare dal suono vibrante e continuo che viene utilizzata per produrre un effetto ritmico incisivo, essa ricorre nella strofa all’inizio di quasi tutti i versi. La vocale E produce un suono breve e acuto che conferisce al testo un ritmo incalzante. Essa ricorre ben 11 volte nel testo e crea delle rime in tutte le parole terminanti con “ej” e “ie”. Inoltre troviamo figure di significato come le antitesi nelle opposizioni come wcześniej/Później (prima/dopo) e Bliżej/Dalej (più vicino/più lontano) che creano un contrasto spaziale e temporale. Troviamo anche una litote in Zdarzyło się nie tobie (È accaduto non a te), dove si nega l'azione per rafforzare il senso di incertezza e distacco personale. Per concludere troviamo un’anafora nella ripetizione di Zdarzyć się (accadere) all'inizio di più versi, sottolineando così l'inevitabilità degli eventi.

Seconda strofa:

Ocalałeś, bo byłeś pierwszy.

Ocalałeś, bo byłeś ostatni.

Bo sam. Bo ludzie. Bo w lewo. Bo w prawo.

Bo padał deszcz. Bo padał cień.

Bo panowała słoneczna pogoda.

Ti sei salvato perché eri il primo.

Ti sei salvato perché eri l’ultimo.

Perché da solo. Perché la gente. Perché a sinistra. Perché a destra.

Perché la pioggia. Perché un’ombra.

Perché splendeva il sole.

Sono numerose anche nella seconda strofa le allitterazioni nella presenza della P e della B che sono consonanti occlusive che danno velocità di ritmo ai versi. Esse ricorrono ben 11 e 6 volte creando un effetto insistente e ossessivo. La poetessa continua a smarrire il lettore inserendo continue antitesi nelle contrapposizioni come pierwszy/ostatni (primo/ultimo) e sam/ludzie (da solo/la gente) che rafforzano la molteplicità dei fattori coinvolti. In termini di disposizione delle parole, troviamo l’anafora nella ripetizione di Bo (Perché), che troviamo anche in epanalessi in Bo sam. Bo ludzie. Bo w lewo. Bo w prawo e nel verso successivo in Bo padał deszcz. Bo padał cień, che costruisce una struttura ritmica scandita e precisa.

Terza strofa:

Na szczęście był tam las.

Na szczęście nie było drzew.

Na szczęście szyna, hak, belka, hamulec,

framuga, zakręt, milimetr, sekunda.

Na szczęście brzytwa pływała po wodzie.

Per fortuna là c’era un bosco.

Per fortuna non c’erano alberi.

Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,

un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.

Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.

Nella terza strofa troviamo numerose allitterazioni date dall’uso delle consonanti N e M che insieme ricorrono per 11 volte. Quest’ultime sono consonanti nasali che rallentano il ritmo, conferendo così un tono più lento e meditativo. Ad aumentare l’incertezza, la tensione e la complessità troviamo l’enumerazione di oggetti e elementi in szczęście szyna, hak, belka, hamulec / framuga, zakręt, milimetr, sekunda, dove le connessioni logiche tra le immagini sono implicite, creando così un effetto di sospensione e ricerca nel lettore. Inoltre l’ossimoro in Na szczęście nie było drzew (Per fortuna non c’erano alberi) è un paradosso che aumenta il senso di riflessione e smarrimento. Continuando l’analisi di questa strofa, veniamo martellati dall’anafora data dalla ripetizione di Na szczęście (Per fortuna) e la struttura aumenta proporzionalmente nella grandezza dei versi creando un climax ascendente: i versi diventano sempre più lunghi, suggerendo un accumulo crescente di possibilità. Un’interessante questione, soprattutto legata al conferimento di significati tra il polacco e l’italiano la troviamo nella metafora finale Na szczęście brzytwa pływała po wodzie (Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio). Per un italiano questa costruzione può sembrare contraddittoria a prima vista: come può un oggetto tagliente e pericoloso essere una fortuna? Ma la decifrazione nel polacco di questa metafora avviene immediatamente in quanto esiste un detto "Tonący brzytwy się chwyta", che tradotto letteralmente significa "Chi annega si aggrappa al rasoio". Mi viene di accostarla all’espressione italiana “ultima spiaggia” o alla latina “extrema ratio”, con il significato di «ultima soluzione, estremo rimedio», a cui si ricorre quando non vi siano altre vie d'uscita, e che può quindi essere anche la soluzione più dolorosa o più violenta. A onor del vero, il proverbio “Chi affoga si attaccherebbe ai rasoi”, benché oggi sconosciuto nell’italiano moderno, trova traccia nel dialetto toscano, in particolare nell’ambito marinaresco livornese. Questo interessante dettaglio mi è stato gentilmente segnalato dall’esperto traduttore Tadeusz Zatorski, che ha rintracciato il proverbio in una rara antologia di prosa e poesia risalente al 1921.

Quarta strofa:

Wskutek, ponieważ, a jednak, pomimo.

Co by to było, gdyby ręka, noga,

o krok, o włos

od zbiegu okoliczności.

In seguito a, poiché, eppure, malgrado.

Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,

a un passo, a un pelo

da una coincidenza.

Il tono di questa strofa è estremamente riflessivo, le enumerazioni date dall’accumulo di congiunzioni nel primo verso e degli elementi nei successivi, insiste nell’effetto di smarrimento, la dimensione decrescente della grandezza dei versi nella strofa ci porta verso la chiusura del poema con un climax discendente che compensa quello ascendente della strofa precedente. A livello ritmico ricorrono 13 vocali O che sono di rallentamento e troviamo numerose parole di lunghezza e suono simile che conferiscono una linearità generale. Le ripetizioni e l'accumulo rallentano ulteriormente il ritmo, creando una cadenza malinconica.

Quinta e ultima strofa:

Więc jesteś? Prosto z uchylonej jeszcze chwili?

Sieć była jednooka, a ty przez to oko?

Nie umiem się nadziwić, namilczeć się temu.

Posłuchaj,

jak mi prędko bije twoje serce.

Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso?

La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì?

Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.

Ascolta

come mi batte forte il tuo cuore.

La strofa finale ci sposta da un significato universale a uno individuale e la poetessa nei primi due versi si rivolge direttamente al lettore interrogandolo con delle domande retoriche. Troviamo una litote in Nie umiem się nadziwić (non c’è fine, che ha un significato più intenso del termine “infinito”). Troviamo un enjambement al penultimo verso Posłuchaj ... che crea un effetto di pausa per introdurre l’aprosdoketon con il quale la poesia si chiude: jak mi prędko bije twoje serce, dove il paradosso inaspettato e commovente tra il battere in me il tuo cuore, riporta il singolo in un senso di comunione con gli altri. In esso troviamo anche una forte sinestesia data dal coinvolgimento dell’udito (nel sentire) e del tatto (nel cuore che batte). Dal punto di vista sonoro, il mio orecchio di madrelingua percepisce l’ultimo verso, nella versione italiana, come particolarmente ritmico e musicale. Questo effetto è abilmente ottenuto, nella traduzione di Pietro Marchesani, attraverso l’uso esclusivo di parole piane, ossia quelle in cui l’accento tonico cade sulla penultima sillaba, conferendo al verso una fluidità naturale e armoniosa: còme mi bàtte fòrte il tùo cùore. Wszelki wypadek è una riflessione profonda sulla casualità della vita e sulla fragilità dell’esistenza umana. Se i poeti del passato come Dante adattavano il linguaggio per rispettare la metrica, la Szymborska manipola il ritmo e il suono per creare un effetto altrettanto strutturato ma più libero. Entrambe le forme sono poesia: una legata alla musica e al racconto orale, l’altra più intima, costruita per il silenzio della lettura. Attraverso un uso sapiente di figure retoriche, ritmo e struttura, Szymborska conduce il lettore in un viaggio che parte dal caos universale e termina nell’intimità del singolo come parte del tutto, lasciando spazio alla meraviglia e alla riflessione. Come lei stessa ha detto, “Preferisco ridere, anche quando rido tra le lacrime”. La sua poesia ci invita a fare lo stesso: riflettere, accettare e anche sorridere.

Mauro Tucciarelli (Roma, 1972) poeta, scrittore, autore e docente di scrittura creativa. Laureato in Filologia Moderna, intraprende il suo percorso artistico nel mondo della sceneggiatura cinematografica, perfezionandosi sotto la guida dei registi Alessandro Valori e Piergiorgio Bellocchio. Scrive per il teatro e nel 2003 riceve il premio per la miglior sceneggiatura al Festival dei Castelli Romani con lo spettacolo "Ieri… Oggi… Romani". Ha diverse pubblicazioni all’attivo sulla narrativa e poesia. Il suo volume "Sul rovescio del cuore" si pregia dalla prefazione di Andrea Bocelli e i suoi testi sono stati interpretati da noti artisti, tra cui Jacopo Fo, Gianmarco Tognazzi e Gennaro Duccilli. Oltre alla sua attività letteraria, collabora con la rivista Gazzetta Italia, dove scrive articoli di cultura e poesia, e attività didattiche, come docente di tecniche di scrittura presso enti di formazione e università. Attualmente è in forza nel Dipartimento di Italianistica dell'Università UKEN di Cracovia.

Mauro Tucciarelli
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