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L'editoria oggi

"Ci siamo persi, che facciamo?"

COSCIENZA

Renzo Paris

2/6/20253 min leggere

Ho cominciato a pubblicare romanzi, poesie e saggi negli anni Settanta, con editori piccoli , medi e grandi... Ma già a diciassette anni, negli anni Sessanta, mandai alla Bompiani un romanzo intitolato "Memorie di un ottuagenario" senza punteggiatura. Avevo appena letto la traduzione dell"Ulisse" di Joyce. Mi risposero che lo avevano considerato positivamente ma la mia giovane età li sconsigliava dal pubblicarlo. Allora pubblicavano solo cinquantenni presentandoli come "giovani". Quando conobbi Moravia mi disse che contro il romanzo commerciale era nata la dizione di "romanzi d'autore" e io ne facevo parte. "Poi se ne imbrocchi uno te li ristampano tutti". Allora il romanzo d'autore se vendeva mille copie era un successo. E io vendetti mille copie del mio romanzo d'esordio: "La stanza" pubblicato nella collana "Carte segrete"., di cui ero redattore. Eravamo in pochi allora , visto che era scoppiato il Sessantotto che considerava la narrativa tutta borghese, figurarsi la poesia. Bompiani esaurì la prima edizione di "Frecce avvelenate" senza ristamparlo. Nelle case editrici allora a dirigerle c'erano poeti e scrittori. Il mio primo anticipo me lo diede Guaraldi con cui pubblicai: "Cani sciolti" , il libro che fu ristampato diverse volte da altri editori, quello che ho venduto di più.

A me piaceva cambiare editore per via delle copertine sempre diverse, ispirandomi a quelle dei surrealisti. Fino agli anni Ottanta il romanzo d'autore resistette. Poi l'editoria si ispirò a quella commerciale americana: con anticipi sostanziosi e scrittori che dovevano passare in televisione se volevano vendere. I direttori editoriali erano manager e non si intendevano di letteratura. La critica divenne soffietto e i romanzi erano tutti potenti e meravigliosi. Mentre negli anni precedenti uno scrittore doveva avere l'avallo di un collega famoso o di un critico avveduto, ora bastava quella del manager, proprio come accade oggi. Così la letteratura come sale della terra è diventata un intrattenimento televisivo. Sono i piccoli editori a pubblicare romanzi decenti ma non possono competere con le distribuzioni delle grandi case editrici e sono sempre sull'orlo del fallimento. Gli anticipi sono scomparsi mentre Einaudi ancora li offre, sia pure piccoli, come accadde a me per "Pasolini Moravia due volti dello scandalo" mentre per "Miss Rosselli" la Neri Pozza mi ha chiesto indietro l'anticipo. In libreria i romanzi durano tre mesi se va bene e subito dopo vanno al macero, come accadde per "Filo da torcere"(Feltrinelli). Sono diventati tutti sedicenti scrittori e poeti, mentre i lettori si assottigliano sempre più. Se un libro oggi vende trecento copie, l'editore ha rifatto i soldi della stampa e della distribuzione e amen. Se non ne vende neanche una copia, nemmeno alla famiglia dell'autore, lo manda al macero. Bisognerebbe ritrovare il bandolo che c'era stato fino agli anni Settanta. Per questo scrivo di Moravia, di Pasolini, della Morante e di Amelia Rosselli, sperando che i giovani ritrovino la strada.

Renzo Paris (1944) nasce a Celano (AQ). Critico letterario, poeta e narratore, ha insegnato Letteratura francese nelle università di Salerno e Viterbo. Ha collaborato con numerose testate, tra cui il manifesto, Liberazione, il Corriere della Sera e L'Espresso. Intellettuale eclettico, ha dedicato i suoi studi a figure centrali della letteratura italiana, tra cui i suoi amici, ragazzi come Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini e Amelia Rosselli, e si è distinto anche come saggista e traduttore di autori francesi, tra cui Flaubert, Apollinaire e Prévert. Esordisce nel 1968 con la raccolta Lo spettatore pornofono. Tra i suoi titoli più noti si annoverano Cani sciolti (1973), Album di famiglia (1990), Pasolini ragazzo a vita (2015) e Pasolini Moravia. Due volti dello scandalo (2022). Nel corso della sua carriera ha ricevuto diversi riconoscimenti e i suoi libri hanno contribuito a rinnovare il dibattito culturale in Italia. Il suo ultimo lavoro, Madame Betti (2024), conferma il suo sguardo attento e ironico sulla società e sulla letteratura contemporanea. Uno degli ultimi baluardi culturali del nostro Paese.

Renzo Paris. Foto di Stefano Gallarani
Renzo Paris. Foto di Stefano Gallarani