Occidente al capolinea
Ancora capitalismo, ancora menzogna, ancora morte
EDITORIALECOSCIENZA
Francesco De Luca
10/4/20255 min leggere


Siamo immersi in un’epoca di menzogna organizzata. Ogni parola è un’arma, ogni notizia una scheggia che colpisce invisibile, ogni silenzio una complicità.
E mentre le verità si deformano, i morti aumentano.
I corpi dei bambini, le rovine delle città, le voci che non arrivano più: tutto viene inghiottito da un flusso di immagini che ci anestetizza. Che ci rende sempre più narcotizzati.
Ci chiediamo: quante manipolazioni ancora? Quante menzogne, quanta morte, prima che il mondo si fermi?
Le manifestazioni globali degli ultimi giorni hanno mostrato che qualcosa si è incrinato, che il sonno collettivo non è più così profondo.
Almeno in Italia, erano decenni che non si vedeva una mobilitazione di questa forza, di questa estensione.
Un popolo ha ripreso le strade, e la strada — finalmente — ha parlato.
A Roma, il corteo nazionale del 4 ottobre ha radunato circa 250.000 persone secondo la Questura, mentre gli organizzatori hanno parlato di oltre un milione di partecipanti.
A Milano, le manifestazioni del 3 ottobre hanno visto una partecipazione stimata tra 20.000 e 100.000 persone, a seconda delle fonti (CGIL e stampa locale).
A Torino, la Questura ha contato circa 50.000 manifestanti, mentre gli organizzatori ne hanno rivendicati fino a 100.000.
A Bologna, le stime variano tra 40.000 e 50.000 persone.
A Napoli, il corteo principale ha riunito circa 50.000 manifestanti, secondo la CGIL e i media locali.
In Sicilia, tra Palermo, Catania e altre città, la partecipazione complessiva è stata stimata intorno ai 150.000 partecipanti.
A Cagliari, in Sardegna, hanno sfilato almeno 15.000 persone.
In Puglia, tra Bari, Brindisi e Lecce, le stime complessive parlano di circa 20.000 partecipanti.
Secondo i dati complessivi del Ministero dell’Interno, le manifestazioni del 3 ottobre hanno coinvolto circa 400.000 persone in tutto il Paese.
La CGIL e gli organizzatori parlano invece di oltre 2 milioni di partecipanti in più di 100 città italiane, comprendendo cortei, presidi, scioperi simbolici.
Eppure, anche su ciò che dovrebbe essere oggettivo — forse più oggettivo della realtà stessa — non riusciamo ad avere una visione univoca.
Nemmeno la verità dei numeri è più una verità.

Potremo continuare all’infinito a incolpare le Nazioni Unite di aver perso la capacità di difendere e intervenire;
Trump, il presidente più pupazzo e nefasto della storia americana;
Netanyahu, un neo-Hitler senza maschera;
Meloni, semplicemente la persona sbagliata nel posto sbagliato.
Ma la verità più terribile è che non abbiamo ancora imparato a convivere con noi stessi.
Le guerre continuano, dall’Ucraina alla Palestina, fino agli oltre settanta conflitti dimenticati che devastano silenziosamente interi popoli.
Ogni guerra è uno strumento: di potere, di controllo, di profitto.
Gli Stati si armano, i mercati sorridono, i droni sorvolano città già distrutte.
L’intelligenza artificiale — la nuova divinità — viene addestrata per disumanizzare, per mentire più velocemente.
Le fake news avvelenano, la democrazia si svuota, l’autoritarismo cresce come una febbre che non si vuole curare.
Le destre razziste rialzano la testa, con la complicità di una sinistra che ha smesso di credere nella giustizia e nella cultura.
Le ragioni delle guerre che devastano il nostro piccolo frammento di roccia nel sistema solare non sono più misteriose.
Risalendo la scala delle responsabilità, le troviamo in tutti noi: nel capitalismo di una società che ha dimenticato se stessa, che ha sostituito il senso della vita con il feticcio del denaro.
La solita vecchia storia. The same old story.


E se c’è qualcosa che abbiamo imparato, e già imparato, è che non impariamo mai dalla Storia. Cerchiamo verità nel telegiornale, sui giornali, come fossero oracoli.
L’uomo ha una sola grande abilità: dimenticare.
Dimenticare presto, rimuovere, seppellire, spostare altrove la colpa.
Perché fa comodo così.
Così la guerra è sempre colpa di qualcun altro.
Ma la guerra è responsabilità di ognuno di noi.
Dei governi, certo. Ma anche di chi li sceglie.
Dove eravamo quando si decideva da che parte stare?
Dove eravamo quando si combattevano le mafie — non solo quelle con il fucile in mano, ma le mafie culturali, quelle che manipolano, plasmano e indirizzano la coscienza collettiva?
Dove eravamo quando si poteva ancora scendere in piazza per un male minore, prima che diventasse un male maggiore?
Dove eravamo quando gli artisti, gli intellettuali, i giornalisti d’inchiesta, i magistrati, i giusti — quelli che non sappiamo più riconoscere — cercavano di spiegarci le dinamiche che la massa non può o non vuole comprendere? Tanto oggi capiamo tutto tutti, sappiamo tutti tutto, perché c'è google.
Tutto questo prima degli smartphone, dei computer, dei social.
Prima della tirannia del “tempo reale”, che ci ha convinti di vedere tutto e ci ha tolto la capacità di capire qualcosa.
Oggi la verità e la menzogna convivono nello stesso schermo, nello stesso scroll infinito.
E più guardiamo, meno vediamo.
La responsabilità è del Capitale.
Dell’avidità degli uomini che hanno comprato il potere promettendo altra ricchezza a chi li ha aiutati a salirvi.
Dell’ignoranza, pianificata e mantenuta come un programma di controllo. Ancora al pane e al circo, come dicevano nell'antica Roma.
Perché un popolo ignorante è un popolo docile: non critica, non reagisce, non pensa.
Cosa dovremmo fare, allora?
Forse non molto, ma tutto quello che conta:
continuare a manifestare, a denunciare, a pretendere la verità, ma senza scagliarci contro nessuno. Non contrapporre nulla a nessuno, contrapporci ai concetti!
Costringere i governi a rinunciare agli armamenti e a investire in Cultura, Sanità, Energie rinnovabili e Infrastrutture.
Le guerre non finiscono con i trattati: finiscono quando non ci sono più armi da vendere.
Scendiamo in piazza, ma senza slogan d’odio.
Le guerre sono responsabilità dei governi, ma ancora di più di chi tira i fili dietro i governi.
E allora: basta armi, basta bugie, basta profitto sul sangue.
Riempire le piazze di voci e di coraggio, non di rabbia.
Gridare ciò che è essenziale:
STOP ALLE ARMI.
REINVESTIMENTO IMMEDIATO IN CULTURA, SANITÀ, LAVORO, INFRASTRUTTURE, TEMPO.
Non fermiamoci finché questo non sarà ottenuto. Finché tutti i capi di Stato che non affrontano la radice dei problemi mascherandosi dietro finte affermazioni, sviando o guardando altrove non verranno rimpiazzati da persone di indubbio spessore valoriale, cognitivo e di indiscussa e sacrosanta cristallinità morale.
Solo allora l’Europa e gli Stati Uniti potranno parlare al mondo con dignità, coerenza e credibilità.
Fino a quel giorno, l’Occidente non sarà l'esempio: sarà il problema.
Le civiltà muoiono. Tutte.
E anche la nostra, se non comprenderà che il suo tempo sta finendo, si dissolverà tra le luci fredde degli schermi e le fabbriche d’armi che non dormono mai.
Andremo al lavoro come criceti nella ruota del profitto, fino alla fine del nostro stesso mondo.
È tempo di scegliere.
Di tornare umani, di spegnere il rumore, di ricostruire comunità libere e benefiche.
Di cambiare i modelli di organizzazione della società, del tempo, del lavoro.
Di ridistribuire la ricchezza tra ricchi e poveri, non per carità ma per giustizia.
Perché la fame, la miseria, l’ignoranza sono le radici di ogni guerra.
È tempo di smetterla di dare la colpa a qualcun altro, di smettere di fingere.
Abbiamo taciuto quando dovevamo parlare, guardato altrove quando dovevamo agire,
odiato quando dovevamo amare.
Se le Nazioni Unite non si siederanno ora, deliberando la smilitarizzazione globale, la conversione energetica, la redistribuzione della ricchezza e l’investimento totale in cultura, sanità e tempo umano, allora tutto sarà vano.
E l’Occidente — questa civiltà che si crede eterna — sarà solo un’altra rovina tra le rovine.
Faremo sorridere amaramente la Storia.

Francesco De Luca (1979), poeta, scrittore, traduttore ed editore romano. Mediatore di Lingua e Cultura Cinese. Si laurea in Comunicazione presso la Sapienza di Roma, nel 2004. Ha pubblicato Anomalie (Terre Sommerse, 2015), Karma Hostel (Edizioni Il Foglio, 2019) ed è presente nell'antologia Roman Poetry Festival (Ponte Sisto, 2019); ha tradotto Un Uomo Felice, poesie scelte di Haizi (Del Vecchio, 2020), Io e l'Italia, di Liu Xi (Edizioni Il Foglio, 2022), Poesia Celeste, di Hei Wen (Edizioni Il Foglio, 2023), Lo Scenario Invisibile. Mente, Allucinogeni e I Ching, di Terence e Dennis McKenna (Edizioni Spazio Interiore, 2024), Il poeta andava fucilato. Poesie scelte 1964 - 1971 di Rafał Wojaczek (Delufa Press, 2024) e La confraternita dell'abisso urlante: la mia vita con Terence McKenna di Dennis McKenna (Delufa Press, 2025), I tre dell'università di Pechino: Haizi, Luo Yihe, Xi Chuan (Delufa Press, 2025), Antologia di Poesia Cinese Contemporanea (Delufa Press, 2025), Antologia di Poesia Italiana Contemporanea (Jiangsu Phoenix Literature and Art Publishing, 2025).